In località Cornocchio di S.Ilario le case Zinani hanno ospitato in passato gli ochinari Ernesto Corradini e sua figlia Ormea che per più di una generazione hanno modellato con l’argilla del torrente Enza, un tornio e una piccola fornace manufatti che poi vendevano nei mercati di paese. La produzione dei Corradini riguardava le ochine piccoli zufoli che assomigliavano a gallinelle più che a ochette, salvadanai, vasi. A Ormea spettava il compito di abbellire i vasi con graffiti che rispecchiavano una tecnica arcaica di decorazione.
Nella zona ex fornaci di S.Ilario Gaetano Chierici scavò la necropoli etrusca che mette in evidenza due tipologie di rito funerario: l’inumazione, cioè il corpo sepolto sotto terra e la cremazione con le ceneri del defunto chiuse in un dolio a sua volta messo sottoterra. Grazie a questi corredi funerari è possibile attestare che S.Ilario nell’antichità fu un territorio fortemente multietnico, teatro di intensi scambi culturali e commerciali fra le genti stanziate in pianura.
Da segnalare La dama di S.Ilario raro esempio di sepoltura all’interno di un tronco scavato con il capo rivolto a est, simbolo di rinascita.
Con l’insediamento della fornace per laterizi a S.Ilario inizia la fase della industrializzazione che esploderà alla fine degli anni 50.
Già nel 1866 risultano attive due fornaci: una per laterizi e una per calce e gesso ubicate nell’attuale via Fornace Baistrocchi. La scelta di impiantare una fornace dipende non solo dall’argilla adatta per laterizi, ma dalla presenza della ferrovia. Introducendo nuovi sistemi di lavorazione come le fornaci a fuoco continuo negli anni successivi il commercio si allarga anche alla vendita nelle province limitrofe. Ancora oggi quando vengono abbattuti vecchi edifici sulle tegole si legge il marchio dei proprietari che si sono succeduti: Pellacini Guido e figli, Paolo Emilio Zunini podestà di S.Ilario, Medioli e Corradi. Le fornaci chiusero nel 1965.