Alla fine del secolo XVII il complesso dei beni di S. Donnino di Liguria figurava in dipendenza del Marchese Carl'Antonio Giannini, Segretario di Stato del Duca di Modena. Il Marchese Ernesto, estinguendo la casata, dispose che i detti beni allodiali dovessero essere amministrati dalla Camera Ducale. Il Duca Francesco III, con chirografo del 3 Febbraio del 1776, ordinò la vendita all'asta pubblica delle tenute che furono aggiudicate ai Sig. ri F. lli Domenico, Andrea e Don Gian Battista Trivelli con rogito del Cancelliere Camerale Dr. Carlo Ferrari di Modena. La dichiarazione dei Periti Lorenzo Spezzani e Girolamo Gibertini indicava:"Prati, Palazzo, Casino, Cadetto e Casa -le possessioni dette Arienta, Rossa, Marianna, Ghirlandina, Loghetto, Lissa ed Osberga, Del Bosco, Braglia e le terre in luogo Bergonzi per un totale complessivo di biolche 658 e tavole 51". Agli inizi del secolo XIX sarà acquistata dalla famiglia Spalletti (1). L'attuale struttura della villa, del parco e delle diverse tipologie annesse è derivata da diverse ristrutturazioni realizzate a partire dalla prima metà del secolo XIX, quando il primitivo palazzo di probabile derivazione sei- settecentesca venne trasformato nelle attuali forme. Nella cartografia militare eseguita agli inizi dello stesso secolo, la villa è situata all'incrocio di due assi ortogonali rimanendone solamente il tratto meridionale di quello orientato nord-sud. La tenuta agricola occupava, nel 1907, quasi i tre quarti del territorio di S. Donnino ed apparteneva al Conte Guglielmo Spalletti ai cui discendenti è rimasta in proprietà. La villa è circondata da circa 30 ettari di parco con boschetto, capanne, laghetti, vivai, scuderia ed un oratorio dedicato alla Mater Pietatis innalzato verso la fine del secolo XIX, ricco di marmi superiormente dipinto a chiaroscuro dai pennelli dei F. lli Samoggia di Bologna (2). La facciata della villa è tripartita con corpo di raccordo alle due ali leggermente avanzate a "torretta angolare". Il prospetto è scandito da quattro lesene con capitello e concluso da un frontone a volute con orologio centrale e acroteri. Sulla copertura si imposta la torretta con ringhiera balconata all'intorno. Attualmente è stata oggetto di un restauro e recupero funzionale ad attività della accoglienza. Tra gli altri edifici si evidenziano il complesso colonico a corte chiusa, la casa del fattore ed il Casino Cadetto. Un lungo viale alberato attraversa la tenuta in prospettiva frontale del parco e della villa.
La famiglia Spalletti, proviene dal Canton Ticino dove già alla fine del XVI secolo era conosciuta come una delle famiglie più antiche. Inserita nel mondo del commercio aveva costruito la stabilità finanziaria grazie alla seta.
Poco prima del 1750 gli Spalletti vendono tutte le proprietà nel Canton Ticino e si stabiliscono a Reggio Emilia dove continuano a operare nel campo della seta.
Venceslao II, nato nel 1837, partecipò ai moti risorgimentali e dopo l’Unità d’Italia fu eletto per 3 volte senatore. La nomina parlamentare portò il trasferimento della famiglia a Roma. Per un certo periodo le scuderie Spalletti a Sant’Ilario ospitarono la posta e la dogana sul confine fra lo Stato di Parma e quello estense.
La tenuta di Sant’Ilario d’Enza ebbe un importante ruolo economico fin dalla fine del 1700: nei terreni, oltre ai prodotti agricoli (grano, frumento, vite, latte) si coltivavano il tabacco e la canapa. All’inizio del ‘900 furono introdotte anche innovazioni tecniche-agricole come l’irrigazione dei campi con bacini per la raccolta delle acque piovane e l’utilizzo di macchinari moderni. All’interno della tenuta si trovavano il caseificio, la falegnameria, la fucina, i depositi per l’essiccazione del tabacco, la peschiera. La forma di conduzione dei poderi adottata fu sempre la mezzadria.
Nella famiglia Spalletti le donne ebbero sempre un ruolo attivo, occupandosi non solo della conduzione delle tenute, ma anche di opere filantropiche; in particolare Gabriella Rasponi (moglie di Venceslao) coordinò e finanziò opere per l’infanzia abbandonata, fu attiva per gli aiuti dopo il terremoto di Messina (1908), denunciò la condizione di sfruttamento delle donne. Dal matrimonio di Gabriella nacque anche Gian Battista che ebbe sempre per la tenuta di Sant’Ilario un particolare affetto.