La Pieve probabilmente di origine bizantina è nominata nel Diploma di Ottone II del 980 (1). Nel 1070 la "Plebem de Sancto Vitale cum dominicato magno et mansibus et plurimus capellis" viene compresa tra i possessi in enfiteusi del Marchese Bonifcio di Canossa (2). Il tempio fu consacrato il 29 agosto 1145 dal Vescovo Alberio (3). Le Decime del 1302 ne indicano le chiese dipedenti: S. Prospero di Cassolo, S. Tommaso di Saltino, S. Maria di Prignano, S. Biagio di Busanella, S. Maria di Pontone, SS. Vito e Modesto di Onfiano, SS. Fabiano e Sebastiano di Mandra, S. Salvatore di Casola, S. Maria di Debbia, SS. Ippolito e Cassiano di S. Cassiano, S. Agata di Poiano, S. Maria di Pianzano, S. Giovanni Battista di Guiliga, S. Donnino di Tresinara, S. Martino di Pantano, S. Pietro di Vallestra e S. Lorenzo di Prignano (4); a queste si aggiungeranno nel 1318 quelle di S. Apollinare di Casteldaldo, S. Pietro di Savognatica, S. Paolo di Bebbio e S. Maria di Tregaso (5). La circoscrizione si estendeva per c. kq. 139. 24 sconfinando nel modenese (6). La visita del Vescovo Rangone nel 1593 la descrive ad una nave grande e due minori con colonne ad archi in pietra picchiata. L'edificio doveva comunque già presentare alcuni problemi strutturali e funzionali se la visita del Vescovo Coccapani del 1625 lascia che già si possa officiare nell'oratorio di S. Caterina dando disposizioni per ripristinare il tetto della Pieve (7). Nel 1652 comparve la nuova chiesa di S. Caterina mentre i rilievi del Marliani nel 1664 indicano la Pieve come antica ed angusta, abbandonata ed utilizzata solo per i battesimi ed i funerali (8). Nel 1677 minaccia rovina; nel frattempo il titolo di "Pieve" inizia ad essere trasferito a S. Caterina. Il Vescovo Picenardi denuncia il crollo delle due navate laterali cosa che consentì all'arciprete conte Francesco della Palude, utilizzandone i materiali, di ricavare, nella canonica a fronte, un palazzo principesco con seminterrato a foggia di cripta (9). Alla fine dell'Ottocento non rimangono che i muri. Così descrive il Campanini: "Rimangono la facciata, ora tronca orizzontalmente, appena sopra l'arco della porta, di stile lombardo, il semicentro di un'abside; il muro settentrionale della nave maggiore e, pure a settentrione, la parte orientale della nave di fianco, ora ridotta a fienile (... ). La fabbrica era di pietra calcare giallognola accuratamente tagliata e lavorata (... ) - ed ancora sono ricordati - un grosso capitello scolpito con un rilievo raffigurante un mostro e diversi frammenti del fregio a palmette" (10). Attualmente le migliori sculture della antica pieve sono disperse a Firenze, Modena, Reggio, Roncolo e in una decina di chiese della montagna tra cui 15 pezzi in marmo romano di reimpiego costituiti da 13 capitelli, 1 basamento di colonna ed 1 frammento di abaco dovuti a maestranze campionesi operanti nel duomo di Modena attorno al 1170 (11). Nella facciata orientata liturgicamente si apre il portale strombato con due colonnine a capitelli fogliati; la lunetta superiore è decorata con due cornici in arenaria, l'una con motivo a treccia e l'altra a foglie di vite. Sul fianco del fabbricato della canonica è visibile una interessante trifora in arenaria. All'interno rimane l'ambiente seminterrato con volta a crociera, in rovina, impostata ora su due colonnette con capitelli scolpiti a figure antropomorfe. Probabilmente nei pressi di S. Vitale doveva situarsi la corte di Verabolo donata dalla Contessa Beatrice di Canossa nel 1071 al Monastero di Frassinoro (12). Attualmente la bella canonica secentesca è stata restaurata e adibita a ostello e ristoro. Dal 2010 è in corso una campagna di scavi all’interno delle superstiti strutture della Pieve.