In località indeterminate nei pressi di Barco si segnalano i ritrovamenti di manufatti del periodo paleolitico oltre a materiale vario di età romana (1). Barco è nominata nel presunto Diploma di Carlo Magno del 781 in cui si fissano i confini della Diocesi di Reggio. La 'cortè di Barco è quindi ricordata nel 1173 in una carta del Monastero di Marola (3). Il Comune appartenne al Marchesato di Montecchio. Alla fine del Settecento comprendeva una popolazione di 1238 abitanti (3). La Chiesa di S. Pietro era un tempo situata nella Diocesi di Parma e nel XIII secolo figura come filiale della Chiesa di Montecchio. Fin dal 1302 risulta poi soggetta al Capitolo della Cattedrale di Parma (4). Fu anche sede di vicariato ma nel 1628 la troviamo dipendente da Castelnuovo Sotto e nel 1691 da S. Ilario d'Enza. Dopo l'aggregazione nel 1822 alla Diocesi di Reggio fu unita al Vicariato di Bibbiano. L'antica chiesa venne rifabbricata nel 1645 sotto la direzione dell'ingegnere Francesco Malli. Nel 1789-1793 venne riformata e messa in volto; a questi lavori seguirono nel 1845 la costruzione della Canonica e, nel 1856, alcuni restauri. Nel 1893 si costruì il sagrato nel quale furono impiegati i vecchi marmi del Duomo di Reggio Emilia. La torre campanaria edificata nel 1708 sotto la direzione di mastro Giacomo Calligari fu lesionata dal terremoto del 1818 e ricostruita nel 1821 (5). Il complesso della chiesa si trova al limitare settentrionale della frazione di Barco su un rialzo del terreno prospicente la strada del borgo. L'accesso è limitato da due pilastrate in cui sono disposte le sculture di due leoni accovacciati. Una scalinata sale al sagrato. La chiesa presenta una facciata a capanna con frontone, orientata verso levante. Il prospetto, tripartito, è scandito da lesene binate con capitelli ionici che ne accentuano la verticalità. Un raccordo a volute collega superiormente il corpo principale con quelli minori delle cappelle laterali concluse ai vertici esterni da due acroteri piramidali con palla. Ad alcuni metri dalla chiesa, a nord e leggermente arretrato rispetto alla facciata, si trova lo slanciato campanile barocco su cui si imposta la cella a finestre archivoltate e coronamento a padiglione. Sul lato meridionale della chiesa è visibile il voltone di collegamento con la canonica. L'interno è a navata unica con abside semicircolare. Barco conserva ancora caratteristiche ambientali e tipologiche rurali. Tra le emergenze si segnalano la casa - torre della famiglia Farini, la Villa Teresa e l'oratorio di S. Rocco. La casa torre è compresa in una corte agricola a poca distanza a sud dalla chiesa. La struttura è attribuibile al XVII-XVIII secolo. La torre presenta una pianta rettangolare con tetto a quattro falde caratterizzando la parte centrale dell'organismo edilizio. Probabilmente nella seconda metà dell'Ottocento viene realizzato il collegamento con il corpo della stalla e del fienile; alla fine dello stesso secolo è indicato come 'casà e 'casellò ed in proprietà della famiglia Gualerzi. Nel 1913 fu acquistata dal Cav. G. Battista Farini. La villa Teresa risale alla fine del XIX secolo, individuata con la denominazione di \"casa Gualerzi\". L'edificio fu rifugio e luogo di lavoro per il noto pittore Angiolino Spallanzani che vi morì nel 1974. All'esterno della casa sono tuttora visibili due smalti figurativi. L'oratorio di S. Rocco è stato fabbricato nel 1631 per voto del popolo in occasione della peste. Nel 1693 si costruì il coro e nel 1778 la facciata (6). L'oratorio seguì le vicende della chiesa di Barco. Lavori di restauro vennero eseguiti nel 1917 come ricordato da una lapide nella sagrestia. Presenta una facciata a capanna timpanata, ripartita da quattro lesene. Il portale centrale è sormontato da una finestra archivoltata. Al vertice del frontone è posto un acroterio con palla e croce mentre posteriormente sono visibili la torre campanaria e parte dell'abside pentagonale, l'interno è a navata unica con volta a botte. L'interno abitato è cratterizzato dalla sequenza di numerose corti rurali diverse delle quali di grande interesse, come i poderi della Cassa di Risparmio \"Bebbi grande\" e \"Bebbi piccolo\" riferibili probabilmente al XVII-XVII secolo, già appartenenti al Monte di Pietà di Reggio. Gli impianti originari, in parte alterati, presentano in genere una struttura a corte chiusa cui si accede da un grande portale prospicente la strada. Nell'interno si articolano i corpi rustici di cui sono maggiormente notabili gli ampi porticati, in genere a luci architravate. Gli attuali proprietari Morini Mazzoli, acquistati gli immobili nel 1996 ne hanno avviato un accurato recupero e valorizzazione destinandoli ad attività dell’accoglienza all’insegna della Corte Bebbi. Moltissime sono poi le immagini votive, dipinte in ceramica smaltata, applicate ai prospetti od ingressi delle case, rappresentando un ricco corredo i testimonianze devozionali. E'infine notabile il vecchio stabilimetno della industria dei salumi di Aristodemo Leoncini su cui svetta l'alta ciminiera (7).